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Leggendo un post di Stefano Quintarelli ho scoperto questo interessante browser: LibreWolf.

Si tratta di un browser basato su firefox e focalizzato sulla privacy, sulla sicurezza e sulla libertà.

Si può installare su svariate piattaforme e sicuramente lo proverò.

Quando si acquista da un negozio online ci sono una serie di accortezze per limitare i rischi di frode nei quali si incorre pagando con carta di credito e spero che li conosciate anche perché non è di questo che volevo parlare.

Ci sono dei casi, rari fortunatamente, nei quali si deve pagare con carta di credito: non si è fisicamente presenti presso il venditore che avrebbe il POS per effettuare il pagamento e il venditore non è attrezzato per farvi pagare online con un form web dove poter inserire in sicurezza i dati della carta.

Analizziamo la situazione: tanto per cominciare vi dovete fidare totalmente del venditore. Meglio se lo conoscete di persona e se avete anche già acquistato da loro.

Smarcato il problema "fiducia" restano le misure di sicurezza. I dati della carta non vanno trasmessi usando un canale insicuro, non cifrato, perché si corre il rischio che un qualunque soggetto terzo possa intromettersi e salvarsi i dati della carta. Un email (sempre che non sia cifrata) non è un canale sicuro. Anche una telefonata non è un canale sicuro: so che magari è un pelo paranoico ma le telefonate sono intercettabili abbastanza facilmente e qualcuno potrebbe anche ascoltarvi .

Un sistema di messaggistica cifrato end-to-end è una buona opzione cancellando subito dopo il messaggio, ci sono alcune criticità potenziali ma a grandi linee è una buona opzione.

Bisogna tener presente che la sicurezza assoluta non esiste: anche un form web https di una banca potrebbe essere insicuro. Basta che ci andiate su con un cellulare o un pc infettato da un keylogger che vi ruba i tasti che premete o, molto più banalmente, qualcuno che con una buona videocamera (e basta un buon cellulare) vi fa un video riprendendo i dati che inserite.

Le automobili elettriche hanno un doppio sistema di frenata: la prima parte è gestita ricaricando il pacco batterie facendo rallentare e fino anche fermare l'auto (frenata rigenerativa), la seconda parte è il classico freno meccanico che conosciamo.

Già ora molti automobilisti elettrici usano un impostazione e uno stile di guida detto "One Pedal" che consiste nel usare solo il pedale dell'acceleratore senza necessità di usare il freno (salvo ovviamente casi di emergenza) e difatti l'usura dell'impianto frenante delle BEV è praticamente zero e, di conseguenza, anche l'inquinamento dovuto alle polveri sottili delle pastiglie dei freni è quasi azzerato.

Ora la tedesca ZF ha presentato un sistema innovativo di frenata interamente elettrica. La forza frenante è generata da quattro motori elettrici: uno per ruota. La sicurezza è garantita dalla stessa tecnologia di ridondanza usata sugli aerei e l'efficienza è stata testata ed è superiore ai freni tradizionali.

I vantaggi di questa soluzione sono interessanti. Prima di tutto si va verso la semplificazione che è sempre utile. L'efficienza di questo sistema permette un maggior recupero di energia durante la frenata. Come già detto ecologicamente è ottimo eliminando del tutto l'inquinamento causato dalle pastiglie dei freni. La manutenzione, che già è minima per le BEV, viene così ulteriormente ridotta.

In tema di semplificazioni sto aspettando alcune soluzioni che credo siano a portata di mano: 4 motori, uno per ruota, eliminando del tutto trasmissione/differenziale, eliminazione della batteria di servizio da 12V e batterie più piccole insieme a sistemi di ricarica wireless ad induzione in movimento come già si vedono ora in fase sperimentale sulla Brebemi.

Via Viaelettrico

Un team di ricercatori di un università britannica ha istruito un modello di machine learning per identificare i tasti premuti di un portatile grazie al suono che producono e con un accuratezza del 95%

Questo risultato è stato raggiunto usando il microfono di un normale cellulare per catturare il suono. Hanno anche provato con l'audio di una call conference con Zoom e hanno comunque ottenuto la notevole percentuale di accuratezza del 93%

Chi è nelle condizioni di dover temere simili attacchi può adottare alcune contromisure: usare un software che riproduce suoni di tasti premuti oppure confondere l'ascolto con un altro metodo: usare un rumore bianco.

Via Schneier e bleepingcomputer

In una lettere aperta WhatsApp fa sapere che in UK stanno discutendo di una legge che, per come è formulata ora, permetterebbe di costringere le aziende di messaggistica come WhatsApp a indebolire e quindi distruggere la sicurezza delle comunicazioni cifrate end-to-end.

In questo modo tutti i britannici e chiunque si scambi messaggi con loro non potrebbero più scambiare messaggi in maniera sicura.

Ci fa notare Bruce Schneier che la reazione di WhatsApp e di Signal sarà quella di cessare il loro servizio in UK piuttosto che compromettere la sicurezza dei loro utenti in tutto il resto del mondo.

Il bilanciamento tra sicurezza e privacy è un mestiere complesso ma in questo caso hanno ragione WhatsApp e Signal: in UK, con una legge di questo tipo, passerebbero il segno e quindi una risposta forte è doverosa.

L'interoperabilità dei sistemi di messaggistica è un ottimo obbiettivo perché impedisce che un utente sia bloccato da un software di messaggistica e, di conseguenza, favorisce sia la libertà che la concorrenza. Anche Bruce Schneier afferma che in teoria è un bene.

Dei ricercatori hanno valutato che l'interoperabilità porta ad una superficie di attacco maggiore su parecchi aspetti. In pratica succede che la sicurezza complessiva diventa pari a quella della piattaforma peggiore: un brutto livellamento verso il basso diventa il risultato dell'applicazione di un principio che dovrebbe essere buono.

Apple ha introdotto il "Lockdown Mode" pensato per un ristretto numero di utenti: quelli che per motivi particolari sono potenziali vittime di attacchi informatici mirati.

Il punto interessante è il cambio di paradigma (anche se per un caso molto particolare): tipicamente si sacrifica la sicurezza per facilitare l'usabilità. In questo caso è il contrario; l'usabilità ne viene compromessa ma in cambio il perimetro dei potenziali attacchi viene ridotto.

Via Bruce Schneier

Token RSA

L'autenticazione a più fattori (Multi Factor Authentication: MFA) o, nel caso più semplice a due fattori (2FA) è un sistema più sicuro per loggarsi, ad esempio, sulla propria casella email. Si basa sul concetto di dover usare due (o più) sistemi diversi di autenticazione: una cosa che sai (la classica password) e una cosa che hai (una sim telefonica sulla quale ricevi un sms, un telefono con un app che ti fornisce una chiave usa e getta, un "cosino" con numeri che ogni tot secondi cambiano, o addirittura una cosa che sei come impronta digitale o dell'iride).

Qualche giorno fa mi è arrivata l'email di Google che mi invitava ad attivare MFA su un mio storico indirizzo gmail che praticamente non uso più avvisandomi che entro il 14 dicembre sarebbe diventata obbligatoria. Ottimo reminder che mi è stato utile per attivare subito questo importante meccanismo di sicurezza.

Se avete dei dubbi riguardo alle difficoltà che potreste incontrare non posso dirvi che non ce ne saranno ma sicuramente posso affermare che Google si è impegnata molto per ridurle al minimo. Vi faccio un paio di esempi: se avete un app di posta che supporta MFA sarà sufficiente attivarla e mettere il "secondo fattore" (esempio un codice) la prima volta e poi, per sempre, quell'app funzionerà come prima, senza chiedere password o altro. Secondo esempio un app che non supporta MFA: in questo caso Google vi fornisce una password generata automaticamente da inserire nell'app (che la salva) e, da quel momento, continuerà a funzionare come prima senza chiedere password o altro e, questa password, sarà valida solo per quell'app.

Spero di avervi convito ad attivare MFA quantomeno sugli accessi più importanti come email, siti di e-commerce che salvano i dati della vostra carta di credito o altro che riguarda soldi o dati critici.

In UK, ci segnala Bruce Schneier, c'è una proposta di legge per bannare le password di default sui dispositivi IoT.

Si tratta di un interessante passo avanti per migliorare la sicurezza di oggetti connessi ad internet: non necessariamente si tratta di una buona soluzione ma è meglio di niente.

L'ideale sarebbe un sistema per invogliare ad avere password sicure e uniche. Fino ad ora, la soluzione che più mi è piaciuta, che va in questa direzione è quella che ho visto su un router: una password preimpostata composta da un paio di parole e qualche numero. Viene scritta sull'etichetta del router, il fabbricante non la conosce perché è generata a caso in automatico ed è abbastanza facile da ricordare.

In questo campo le soluzioni devo necessariamente essere un compromesso tra facilità d'uso e sicurezza: se sono estremamente sicure quasi sicuramente sono troppo difficili da usare e si rischia che l'utente medio si stufi e cambi la password con 12345. Se sono troppo facili da usare sicuramente la sicurezza è troppo bassa e prima o poi qualcuno entra abusivamente nel tuo dispositivo.

L'NSA (National Security Agency) e la CISA (Cybersecurity and Infrastructure Security Agency) hanno rilasciato un documento su come rendere più sicura una VPN.

Già dal cappello introduttivo al documento si capisce che nel comparto sicurezza c'è ancora tantissima strada da fare visto che le indicazioni mi paiono sostanzialmente suggerimenti di buon senso e se c'è bisogno di ricordarli vuol proprio dire che mancano le basi.

Invece che polemizzare o intristirmi riporto qui quelle indicazioni in modo che siano utili e che diventino presto la norma.

  • Usare prodotti testati e validati presenti in un elenco proprio dell'NSA: in pratica non la VPN che mi ha detto mio "cuggino" ma qualcosa di serio.
  • Usare sistemi di strong authentication come MFA Multi Factor Authentication
  • Applicare subito patch e update
  • Ridurre il perimetro dei potenziali attacchi eliminando tutto quello che in realtà non si usa

In realtà il documento è molto più articolato e presenta diversi altri suggerimenti meno "banali" quindi risulta utile anche a chi ha già predisposto i primi e basilari step di sicurezza

Via Bruce Schneier

L'ente spaziale europeo ESA ha annunciato che lancerà un satellite che sarà completamente riprogrammabile da terra. Giustamente ci fa notare Bruce Schneier che questo significa hackerabile.

Anche dando per scontato strong encryption e un buon sistema di gestione delle chiavi resta comunque un bersaglio interessante.

Leggo da Bruce Schneier di un talk di Maggie Stone (Google’s Project Zero) sulle vulnerabilità zero day che sono parenti stretti di precedenti vulnerabilità molto simili.

I cattivi dopo aver visto che un loro attacco viene neutralizzato da una patch riescono in breve a scoprire una nuova falla contigua alla precedente e la sfruttano subito. Secondo la Stone questo accade perché le risorse impiegate per risolvere i problemi di sicurezza sono troppo scarse e quindi si limitano a tappare la specifica falla.

In questo modo è facile trovare un buco contiguo al precedente che la patch non copre.

Questa modalità di operare, rincorrendo e riparando i singoli casi, non funziona. Bisognerebbe aggredire la causa principale che porta ad avere tutto quel gruppo di singoli specifici problemi. Si tratta di un investimento iniziale maggiore ma poi non si sarebbe costretti ad inseguire tutti i successivi zero day.

Certo, poi non è che sparirebbero i problemi, ma almeno i cattivi dovrebbero impegnarsi per scoprire una nuova classe di vulnerabilità e i buoni una nuova soluzione per correggere il problema: insomma, la solita caccia del gatto al topo ma sicuramente la sicurezza complessivamente ne gioverebbe.

Image credit Blue Solution Blog

sync image by Chris Veight

Un applicazione per smartphone intelligente ha dei dati salvati in modo da poterli usare anche da altri dispositivi: l'esempio più facile è un blocco note che viene usato dall'app sul telefono ma anche da computer e da tablet.

L'approccio più tipico e facile è di avere un server centrale di proprietà di chi sviluppa e rende disponibile l'applicazione al quale si collegano tutti i dispositivi in modo da tenere aggiornati i dati. Si tratta della soluzione più facile per l'utente che deve solamente avere un account che poi imposta sui vari dispositivi per trovare tutti i suoi dati su tutti i dispositivi.

Una seconda possibilità è di poter impostare l'utilizzo di un proprio server per sincronizzare i dati. Questa opzione richiede competenze e risorse dell'utilizzatore che non sono più da utente e richiede anche che il software per implementare il server sia disponibile. Di contro ci sono notevoli vantaggi dal punto di vista della sicurezza (i miei dati sono solo su miei dispositivi/server) e della continuità del servizio (se chiudono il server centrale io continuo ad avere il tutto funzionante perché uso un mio server)

Bruce Schneier sposta il suo blog su WordPress: il fatto che uno dei massimi esperti si sicurezza come lui si fidi di WordPress è un gran bel risultato per l'immagine di affidabilità e sicurezza di WordPress.

Videocamera di sorveglianza via Pixabay

Sono in atto norme drastiche sugli spostamenti delle persone, praticamente in tutto il mondo, per contenere il contagio da Coronavirus COVID-19. A supporto di queste norme, che condivido, cresce la richiesta di sorveglianza straordinaria per farle meglio rispettare.

Anche su questo sono d'accordo perché la situazione è seria e bisogna adoperarsi per evitare che peggiori ulteriormente: la privacy può essere ridimensionata.

Come però fa notare il buon Bruce bisogna assicurarsi che queste restrizioni alla privacy vengano cancellate riportando tutto alla normalità una volta che la pandemia sarà finita. L'obbiettivo è, non solo di cancellare le eccezioni alle norme sulla privacy, ma di eliminare anche i dati raccolti in modo che non vengano usati successivamente per altri scopi sia da enti governativi che privati: a pandemia finita tutto dovrà essere cancellato.

Bruce Schneier non ci crede, io neppure: voi?

Click sull'immagine per la gif animata

Segnala Bruce Schneier che c'è un kickstarting (crowdfunding) per una candela con fuoco vero controllabile via internet e, giustamente, si domanda: cosa potrebbe andare storto?

Alcuni lettori di Bruce hanno lasciato commenti particolarmente significativi:

  • Puoi verificare da remoto se casa tua ha una perdita di gas.
  • La si potrebbe chiamare candela di Darwin.
  • Prossimamente l'integrazione con svariati assistenti vocali per una migliore e più veloce esperienza di incendio.
  • Adesso avremo bisogno di una estintore IoT.
  • Tocca qui per bruciare tutti (cit. Click here to kill everybody).

Se già usate fail2ban per proteggere l'accesso ssh e avete anche un web server Apache installato è una buona idea aggiungere alcuni protezioni che fail2ban è in grado di offrire per apache.

Ci sono già diversi moduli pronti che possono essere attivati con poco sforzo. Basta aggiungere un file .conf in /etc/fail2ban/jail.d con la parte di configurazione che modifica quella standard. Per esempio per aggiungere la protezione all'autenticazione di Apache il codice è

[apache-auth]

enabled = true
port = http,https
logpath = /var/log/apache2/error.log
maxretry = 3
findtime = 600

Ci sono anche altri moduli interessanti: apache-overflows apache-badbots php-url-fopen: qui trovate qualche dettaglio in più oppure direttamente sul wiki di fail2ban.

Il procuratore generale William Barr ha tenuto un discorso sulla cifratura dove il punto più importante, secondo Bruce Schneier e anche secondo me, è che finalmente c'è l'ammissione che introdurre delle backdoor per garantire l'accesso alle forze dell'ordine diminuisce la sicurezza.

Barr rimane convinto che ne valga la pena ma non è questo il punto: fino ad ora era sempre stato detto che le backdoor di stato si sarebbero potute aggiungere senza diminuire la sicurezza.

Ora finalmente si può iniziare un dibattito politico serio. Aggiungere le backdoor permette alle forze dell'ordine di intercettare i cattivi ma, diminuendo il livello di sicurezza, permette anche ai cattivi di sorvegliare noi.

Quello che il procuratore Barr dice è che si tratta di "cybersecurity di consumo" e non "codici di lancio nucleari": è vero ma non dimentichiamo che le persone che usano questa famosa "cybersecurity di consumo" sono anche legislatori, amministratori delegati, le stesse forze dell'ordine per non parlare del personale addetto alle centrali nucleari o ai codici di lancio giusto per fare un esempio. Argomentare poi che queste persone posso essere dotate di strumenti di comunicazione sicuri (senza le backdoor) è un esercizio che si ritorce contro a chi lo propone visto che, a questo punto, anche i criminali possono usarle strumenti senza backdoor quindi torneremmo tutti al punto di partenza avendo solamente peggiorando la sicurezza generale.

C'è veramente da sperare che finalmente ora il dibattito possa spostarsi dal precedente "finta sicurezza" vs privacy al reale dibattito sicurezza vs sicurezza e, secondo Bruce Schneier la sicurezza complessiva è molto più importante dell'esigenza delle forze dell'ordine di intercettare e va difesa anche a costo di rinunciare all'accesso tramite backdoor delle forze dell'ordine. Questo, tra i vari motivi, perché tutti questi strumenti di comunicazione proteggono anche i codici di lancio delle armi nucleari citati dal procuratore Barr.

Image credit TorrentFreak

Un interessante articolo di Bruce Schneier sull'eterna battaglia tra esperti di sicurezza informatica e politici: entrambi sono conviti di essere nel giusto e quello che Bruce Schneier propone è una nuova figura che racchiuda sia le competenze tecniche di un esperto di cybersecurity che la cognizione di causa sugli interessi pubblici di un politico.

Una figura rara ma non inesistente.

Image credit TorrentFreak

I prezzi che il broker di exploit Zerodium paga per gli zero-day sono in aumento: questo indica che mediamente è più difficile trovare bug gravi perché i prodotti sono scritti meglio che in passato e anche che la domanda di zero-day è in aumento.

Altra informazione interessante è che molte aziende hanno un programma di ricompense per i bug ma quello che pagano è drasticamente meno di quanto pagano i broker che poi, presumibilmente, li rivendono a chi li usa per scopi non leciti.

Via Bruce Schneier, Image credit Blue Solution Blog